di SERGIO GARGATO

Liberare l’espressione da ogni vincolo, per ritrovare, attraverso un complesso itinerario di meditazione e di ricerca, la forma, o almeno un’idea della forma, è un’istanza imprescindibile nell’opera dello scultore padovano Piero Perin, che, in questi giorni, con il patrocinio del comune e dell’amministrazione provinciale, viene proposto dall’Aics di Rovigo alla Tavernetta di palazzo Roncale. Artista appartato, che vive e si esprime, da sempre, al di là delle mode e delle suggestioni del quotidiano, Perin, come testimonia la sua bella e selezionata personale, ricerca una originale purezza, che si raggiunge solo nella più tersa essenzialità.

La forma, dunque, ma depurata di qualsiasi orpello, tutta giocata in un miracoloso equilibrio di ombre e peso, colta quasi nel suo districarsi di irsuti grovigli e in un suo stupefatto farsi.
Che si tratti di un armonioso corpo femminile che si libera da un informe basamento e si dispone nello spazio, o che si tratti di un tenero e dolce volto di fanciulla che si scioglie dal viluppo dei capelli, è sempre il riproporsi di uno stesso tema: la forma che si compone dopo essersi perduta (ma non infranta), il ritorno di un tempo in cui il rapporto tra ideale e realtà era perfetto si deve, come ha osservato Argan, di “verificare la sopravvivenza e forse l’insopprimibilità del concetto del classico, cogliendolo nella flagranza del presente, nella coscienza di un mondo storicamente non classico”.

Tanto più che gli esiti maggiori di Perin comportano il superamento di una trepidante emozionalità in poesia, quella stessa che emerge dallo stupore di esistere e di permanere nella perfetta essenzialità di una sola vibrazione del sentimento e degli affetti. Ecco i volti di adolescente sono appena accennati, ma appunto già composti secondo un’unica e incorruttibile modulazione, che i lievi reticoli di segni o la patina sulla terracotta non incrinano. Ecco ancora quei corpi che si spengono in linee sinuose e sapienti, che rimandano a tutta una iconografia (pittorica, oltre che scultorea), scandita dai nomi dei maestri del nostro secolo, con i quali queste opere dialogano. E proprio in questi nudi, che appena si delineano per dolcemente avvolgersi in se stessi, quasi in una naturale ritrosia allo sguardo, si può cogliere la fedeltà di Perin alla poesia del suo mondo interiore.